Il mio rapporto con la pesca e i pesci d’ogni specchio d’acqua e salinità è ancestrale, nato pescatore di trote affamate e a pagamento, cresciuto a spinning e bolognese tra i torrenti e fiumi di montagna o come cefalaro da punta o surfcaster dalle scogliere e le spiagge estive, maturato dopo quasi 20 anni di immersioni tra pneumatici e arbalete, brevetti e corsi di apnea a pescatore subacqueo in apnea. Le mie canne giacciono polverose nelle rastrelliere ma sempre in perfetto stato rimangono pronte all’uso quando il maestrale increspa troppo o il sole cala e non ho sonno. Quando riesco a collimare la passione per la mia pescasub con il tempo speso con mio padre in questa vita che più va avanti più me ne concede sempre meno… sono doppiamente felice!
Mio padre è un tipo molto atletico, e anche molto giovanile, cromosomicamente, geneticamente e fortuitamente dotato di un’età fisica ben diversa da quella anagrafica… (per questo lo ringrazio e ne porto anch’io i segni che avvicinandomi alla soglia dei quaranta vengo definito spesso come un trentenne o quasi!) queste considerazioni solo per specificare che ancora settantenne si lascia trascinare sott’acqua nel sottocosta, in condizioni marine e orari certamente più proletari di quelli usuali, nelle mie scorribande estive quando magari trascorriamo qualche giorno di vacanza insieme.
Papà non è un vecchio pescatore subacqueo e neanche uomo di mare, ma la voglia di sperimentare e di mettersi in discussione lo porta spesso a imbattersi in situazioni nuove e particolari. E cosi con un corpetto 3,5 mm, un cappuccio comprato a parte per le inevitabili infiltrazioni gelide, il retino a pancia blu elettrico, il coltello al polpaccio che pare una sciabola, il raffio o il ministen con fiocinella, mi segue tra le scogliere durante le giornate estive. E’ un omone di quasi 1,90 mt per 100 kg di peso che con il mutino estivo, tutti quei chili nella cintura di cordura difficile da fissare e quelle pinne che sembrano così corte per l’imponente statura si cimenta a seguirmi tra le scogliere e le calette con quel fuciletto (...che per prudenza gli carico personalmente con dovizia) che si impegna a scaricare su polpi sventurati, cefali e salpe di passaggio. Stiamo in acqua delle ore e condividiamo due passioni della vita: la mia per questo mondo i suoi rituali e le sue emozioni e la sua per un figlio che vede farsi uomo e il tempo che riesce ancora a trascorrere con lui. Il nostro rapporto padre figlio si intreccia e si irrobustisce per ogni momento condiviso insieme, come da giovane quando passavamo mattinate dalle scogliere con le canne da pesca per i passaggi delle aguglie sempre puntuali ogni fine estate, o da piccolo quando rimanevo seduto delle ore sulla seggioletta pieghevole in tela elasticizzata con le molle, da buon pescatore dei laghetti sportivi a pagamento per catturare le fameliche trote di allevamento e per smettere mi si doveva alzare di peso.
Incredibili giornate di pesca subaquea insieme o prede esaltanti condivise non ce ne sono in particolare, ma sono state tante le catture effettuate nelle varie battute di pesca ma scusate se non ne do dettaglio...
Mi premeva solo ricordarLo e ricordare che fortuna che ha, chi possiede, come io non più, la possibilità di condividere una passione così grande con il padre o con chiunque altro a lui vicino e importante dopo che improvvisamente senza motivo e senza avvisare papà se ne è andato la scorsa estate facendomi rimanere allora come tuttoggi (…in certi momenti) SENZA FIATO lasciandomi con il mio cavetto portapesci pieno di momenti felici trascorsi insieme sopra e sott’acqua…